Assange rischia l’estradizione negli Stati Uniti

Il 20 aprile a Londra la corte dei Magistrati di Westminster ha emanato un’ordinanza che dispone l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, fondatore di Wikileaks.

Il giornalista e attivista australiano è detenuto nella prigione di Belmarsh (UK). A seguito della revoca dell’asilo politico, l’11 aprile 2019 è stato arrestato nella sede londinese dell’ambasciata dell’Ecuador dove ha trascorso un esilio autoimposto di quasi sette anni iniziato il 19 giugno 2012 per evitare l’estradizione in Svezia richiesta per un’accusa di violenza sessuale (ormai caduta in prescrizione).

Gli USA hanno richiesto l’estradizione per aver fatto trapelare informazioni top secret. Secondo l’accusa, Assange avrebbe aiutato l’analista dell’intelligence dell’esercito americano Chelsea Manning a rubare documenti riservati la cui divulgazione avrebbe messo a rischio la vita di molte persone. È chiamato a rispondere di 17 capi d’imputazione per spionaggio e di uno per intrusione informatica e rischia fino a 175 anni di carcere.

La decisione definitiva spetta ora al ministro degli interni britannico Priti Patel, che dispone di un termine di 28 giorni per pronunciarsi. Due gli scenari possibili. Durante tale periodo gli avvocati di Assange potrebbero presentare ricorso. Oppure, a seguito di una pronuncia a favore dell’estradizione da parte del ministro, sarebbe possibile richiedere un riesame giudiziario che implicherebbe una rimessa in discussione della legittimità della pronuncia stessa.

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