Assange: via libera all’estradizione

Il 17 giugno il ministro degli interni britannico Priti Patel ha firmato l’ordine di estradizione negli Stati Uniti a carico di Julian Assange. È chiamato a rispondere di 17 capi d’imputazione per spionaggio e di uno per intrusione informatica e rischia fino a 175 anni di carcere.
In una nota il ministero degli interni ha affermato che “le corti britanniche non ritengono oppressivo, ingiusto né una procedura irregolare estradare il signor Assange”. “E nemmeno hanno riscontrato che l’estradizione sarebbe incompatibile con i suoi diritti umani, che comprendono il suo diritto a un equo processo e alla libertà di espressione” nella certezza che “una volta negli Stati Uniti sarà trattato appropriatamente, anche tenuto conto delle sue condizioni di salute”.
In precedenza un giudice britannico aveva stabilito che Assange non venisse estradato proprio perché, in ragioni della sue condizioni di salute mentale, sarebbe stato a rischio di suicidio se detenuto in un carcere di massima sicurezza. Ma questa sentenza è stato ribaltata in un appello dopo che gli Usa hanno prestato una serie di garanzie, tra cui quella che potrebbe essere trasferito in Australia – il Paese natale di Assange – per scontare la condanna.

Wikileaks, di cui Assange è fondatore, ha fatto sapere che verrà presentato ricorso in merito alla decisione. La reazione è stata veicolata attraverso un tweet :
”Julian ha pubblicato prove che il Paese che cerca di estradarlo ha commesso crimini di guerra e li ha insabbiati; che ha torturato; che ha corrotto ufficiali stranieri e compromesso indagini giudiziarie sugli illeciti degli Stati Uniti. La loro vendetta è cercare di farlo sparire nei recessi più oscuri del loro sistema carcerario per il resto della sua vita per dissuadere gli altri dal ritenere i governi responsabili. Non permetteremo che ciò accada. La libertà di Julian va di pari passo con tutte le nostre libertà. Combatteremo per restituire Julian alla sua famiglia e per riconquistare la libertà di espressione per tutti noi”.

La segretaria generale di Amnesty International Agnès Callamard ha commentato: “Permettere l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti lo mette in grave pericolo e manda un messaggio agghiacciante a tutti i giornalisti del mondo”.

Il termine per presentare ricorso è di 14 giorni. In caso di rigetto, Assange dovrebbe essere estradato entro 28 giorni. Rimarrebbe solo appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.

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