Giorgia Meloni ha vinto le elezioni. Le ha vinte nettamente. Ma già sta incontrando tutte le peggiori difficoltà nell’attuare le sue promesse elettorali, sincere o meno che fossero. Già il prossimo 30 novembre la Corte Costituzionale si pronuncerà in merito all’obbligo vaccinale per i sanitari, con il grosso rischio che questo rimanga. Il tetto al contante è saltato per l’interferenza del solito Mattarella che, dopo aver taciuto per due anni sulle violazioni alla Costituzione, improvvisamente si sveglia. Inoltre è partito lo shitstorm sulla questione della figlia portata al G20 di Bali mentre Roberto Saviano rivendica orgogliosamente di averla chiamata “bastarda”.
Ricordiamo, per inciso, che solamente un anno fa un uomo di 36 anni che aveva gridato “assassino” all’allora premier Mario Draghi è stato denunciato per vilipendio alla Repubblica.
Il fatto è che prendere di mira Giorgia Meloni è lecito, mentre Draghi era considerato intoccabile. Perché la Meloni arriva da ambienti in odore di fascismo?
Non precisamente. Questo sta accadendo anche negli Stati Uniti con i repubblicani. Il mondo anglosassone non è stato toccato dal fenomeno del fascismo, nemmeno Trump può essere accusato di essere fascista perché è una cosa totalmente estranea alla storia e alla cultiura americane. Anzi, i repubblicani sono tendenzialmente molto più “libertari” dei democratici, che tendono allo statalismo.
Ma non sono mainstream. Lo furono per un breve periodo con Reagan, unico conservatore che è stato in grado di costruire un soft power “repubblicano” prendendo addirittura personaggi nati “di sinistra” (Rocky era il pugile di periferia, Rambo il reduce disadattato del Vietnam: ambedue poi andranno a prendere a cazzottoni i sovietici in un tripudio di retorica patriottica). Ma fu una parentesi. Oggi invece la situazione è che puoi avere anche il presidente repubblicano, ma avrai contro i media, Hollywood e tutto il mainstream. E se una critica ad Obama era “razzista”, Trump poteva anche essere minacciato tranquillamente di morte.
Pensiamo a Berlusconi. Aveva in mano persino una potenza mediatica non indifferente. Eppure aveva contro il mainstream. E alla fine è dovuto anche lui, l’uomo delle televisioni, soccombere.
Oggi l’offensiva è più dura e feroce. Perché si prende di mira non più solo un personaggio politico, non solo gli si affossano tutte le proposte: oggi si prende di mira tutto un modo di pensare “tradizionale” che si rifà ad una dimensione anche trascendente. Valori portati avanti da correnti che, ovviamente, a differenza del mainstream (anche americano, per quanto possa sembrare paradossale), non provengono dal marxismo, figlio del materialismo positivista dell’Ottocento.
Quindi non è tanto la Meloni, che proviene da una galassia dove comunque esistono correnti che guardano alla trascendenza e che hanno Tolkien e Ende come punti di riferimento (ricordiamo che una delle iniziative di Fratelli d’Italia si chiama “Atreju”), ad essere vista come il nemico. È tutto il mondo che viene superficialmente chiamato “destra” – etichetta dove si confondono i leghisti di Pontida con intellettuali siculo-musulmani come Pietrangelo Buttafuoco.
Lo abbiamo visto persino in campo scientifico. Il materialismo positivista venne superato, a inizio Novecento, dalle grandi conquiste della relativistica e della quantistica: non a caso branche della fisica guardate con sospetto nell’Urss marxista. Nel 2020 si è cercato di re-imporre quella visione scientifica ottocentesca, arrivando a prendere in giro chi parlava di quantistica: un fisico come Rovelli, nel suo ultimo libro “Helgoland” sulla fisica quantistica, ha preso le distanze da certe interpretazioni “troppo spirituali” che però sono alla base dello studio di tanti fisici quantistici (ad esempio Fritijof Capra nel suo “il tao della fisica”).
Questo vale anche per i movimenti politici nati all’ombra della battaglia antisistema, la gran parte dei quali sono naufragati pur partendo da una nicchia elettorale molto interessante. È stato usato proprio questa sorta di “neopositivismo” assolutamente superato dalla relativistica e dalla quantistica per mettere fuori gioco l’antisistema che aveva come argomento centrale una critica forte al neopositivismo dei Burioni e dei Cecchi Paone. E mentre un Roger Penrose che dimostra quantisticamente l’esistenza dell’anima (modello ORCH-OR o Penrose-Hameroff) e rigetta l’intelligenza artificiale come una sciocchezza vinceva il Nobel, la autonominatasi “scienza ufficiale” derideva chi parlava del salto quantico quasi fosse uno stregone e magificava l’Intelligenza Artificiale propedeutica al controllo massivo. E ora che la polemica si è smorzata e questi movimenti sembrano vicini all’implosione, anche per via dell’inadeguatezza dei loro capi, ecco che la minaccia materialistica sta diventando più sottilmente pericolosa: molti, pur restando fermi nelle convinzioni su Covid e vaccini, cominciano a mettere in dubbio quel progresso spirituale che, volenti o nolenti, hanno compiuto in quei giorni turbolenti, quasi si fosse trattata di una temporanea follia e non della conquista più profonda.
Anche la russofobia ha radici in questo. Il giornalista conservatore americano Tucker Carlson ha espresso recentemente questo concetto in una dura accusa all’amministrazione Biden: “Russia is an orthodox Christian country with traditional social values and for that reason, it must be destroyed, no matter what the cost to us. So this is not a conventional war, this is a jihad”. (La Russia è un Paese cristiano ortodosso con valori sociali tradizionali ed è per questa ragione che deve essere distrutto, costi quel che costi. Questa, dunque, non è una tradizionale guerra, questa è una jihad).
Il problema, anche per la cultura americana, è “Made in Italy”. Si tratta di un’applicazione estremizzata di quell’egemonia culturale teorizzata da Antonio Gramsci; personaggio mitizzato in quanto vittima di un regime, che potrebbe trovarsi a sua volta, paradossalmente, a porre le basi di un totalitarismo. Gramsci è stato molto studiato in America negli anni di Obama. La sua teoria è che per favorire – se non imporre – la rivoluzione marxista bisogna “prendere le casematte” ovvero le scuole, i tribunali e i media.
E così è stato fatto, sebbene in un contesto e in un’epoca diversi, in Europa come negli Stati Uniti. Il potere politico non conta più: una volta che hai in mano l’istruzione, la magistratura e il soft power tu sarai un ostacolo insormontabile per qualsiasi presidente.
Andrea Sartori