IL Lutto negato e I morti senza pace

L’idea della realizzazione del docufilm “La morte negata” ha il suo battesimo il 31 marzo del 2023 nella necropoli di Cerveteri, quando con Alessandro Amori e alcuni membri del Comitato Nazionale Psicologi decidiamo d’incontrarci in quel luogo sacro e percorriamo insieme la via degli inferi nella nota “città dei morti”.

Oggi mi piace pensare che in realtà ci siamo ritrovati lì non solo per conoscerci meglio e parlare di questo comune progetto ma anche per ricevere assistenza dalle anime dei trapassati. In quella circostanza io racconto ad Alessandro dell’antica tradizione napoletana del cimitero delle Fontanelle, in cui si può adottare il teschio di un defunto abbandonato nell’ossario comune ed impegnarsi con lui attraverso la preghiera: i vivi pregano per i morti ed i morti assistono i vivi nelle loro vicissitudini terrene, questa l’antica tradizione. D’altra parte anche gli etruschi come i cristiani attribuivano un immenso valore a quel passaggio, avevano riti funerari molto curati durante i quali accompagnavano il defunto trasportato su un carro, attraverso una processione, alla sua nuova abitazione collocata nella necropoli, sorprendentemente simile alle città dei vivi.

Così salutavano i loro cari nella certezza che la vita non finisse con la morte.

La sacralità di quel passaggio era fondante di tutta la loro civiltà. Come “saluti” i tuoi defunti, dà senso e valore alla vita di chi resta e se non puoi farlo resti come bloccato in un inferno a terra in cui il tuo cuore ferito non trova pace per coloro che non ci sono più. Questo è capitato alle persone che noi del Comitato assistiamo, familiari di uomini e donne che, durante la pandemia, non hanno avuto diritto né ad un saluto né ad una degna sepoltura che li accompagnasse con tutta la ritualità sacra di questo delicato passaggio.

Se il figlio di mia madre, dopo la sua morte, avessi lasciato insepolto cadavere, di tale fatto avrei sofferto: di questo invece non soffro”. Così dichiarava Antigone nel 441 A.C. nell’omonimatragedia di Sofocle, la quale, solo dopo aver dato degna sepoltura al fratello Polinice, si acqueta e accetta il suo destino.

Vita e morte possono essere concepite solo in continuità e se impedisci una morte serena, una vicinanza ai tuoi cari in quel momento, un saluto amorevole ed una degna sepoltura, né i morti né i vivi che restano, trovano pace.

Cosa possiamo fare noi oggi per queste persone e le loro anime? Raccogliere questo dolore, testimoniarlo ed alimentare la speranza che la vita possa ritornare a fluire come un fiume traumaticamente interrotto. Ecco perché noi del Comitato abbiamo deciso di raccontare le loro storie ed Alessandro, come uomo e regista chiamato per sua propria vocazione a dare voce a chi non ne ha, le ha accolte.

Percorrendo quella via della necropoli diciamo molte cose tutte quante importanti ma in particolare una: è importante non solo dare visibilità al dolore di tanti ma soprattutto provare a restituire la pace a chi ora è rimasto.

di Clara Emanuela Curtotti

Comitato Nazionale Psicologi

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