L’ILLUSIONE DELL’UOMO MACCHINA

“La società non esiste. Esistono gli individui”. Partiamo da una citazione insolita, di un personaggio “negativo”: il primo ministro britannico Margaret Thatcher. Questa citazione è stata anche presa a simbolo dell’individualismo sfrenato, dell’egoismo e, soprattutto, dello spietato darwinismo sociale del thatcherismo. In realtà se prendiamo la frase della Thatcher questa volta “decontestualizzando” c’é molto di vero. E da qui parte l’errore opposto che abbiamo fatto per secoli a partire almeno dal Contrat Social di Rousseau (ma possiamo anche partire dal Leviatano di Thomas Hobbes, se non addirittura dalla Repubblica di Platone anche se su quest’ultimo caso il discorso è estremamente più complesso): il pensare che gli aggregati umani vadano regolati come macchine, o come formicai.
È la ricerca utopica della società perfetta, priva di crimini, di ingiustizie e di diseguaglianze. In cui tutti stanno al lotro posto, con un compito da svolgere, come bravi soldatini. E che, soprattutto, eliminino la parte negativa del loro animo adattandolo al bene della società.
Inutile ricordare a cosa ha portato tutto questo dal punto di vista politico, in particolar modo nel Novecento, coi regimi comunisti. Ma questo aveva già avuto un precedente durante la Rivoluzione francese nel Terrore robespierrista. E, a questo proposito, va ricordato come dal punto di vista personale Robespierre, non a caso fanatico discepolo di Rousseau, fosse un uomo assolutamente irreprensibile tanto da meritarsi l’appellativo di Incorruttibile. Era un uomo che aveva represso a tal punto ogni sentire umano (si è praticamente sicuri che sia morto vergine) tanto da applicare la sua frustrazione su tutta la Francia. Non a caso si parlava di dittatura della Virtù.
E qui passiamo dal punto di vista politico a quello più propriamente psicologico, per non dire spirituale. Per avere una società come quella descritta da questi pensatori gli uomini devono essere concepiti come formiche, se non come veri e propri automi. Tutto questo diventa addirittura spaventoso nella filosofia tedesca, Hegel e Marx in primis, che leggono la Storia con una lente spaventosamente deterministica, un veleno che è ancora ben presente nella nostra società di futurologi che basano le loro previsioni su trend che possono cambiare da un giorno con l’altro.
Oggi fior (si fa per dire) di sociologi e politici si stanno accapigliando per dire che l’“individualismo” è sbagliato e che bisogna ragionare in termini di “bene superiore della collettività”: questa cosa è stata tirata fuori col Covid e con le vaccinazioni, ma è, se vogliamo, la vecchia scusa con la quale i sovrani mandavano al macello i popoli nelle guerre e che oggi è tornata di gran moda in quel di Kiev e di Mosca. Qui siamo al primo livello: l’opportunismo, questo sì, di alcuni individui senza scrupoli che usano le persone come meri oggetti per raggiungere i loro scopi.
C’è un piano psichico diverso, che porta verso una repressione violenta di istinti che non possono essere cancellati per decreto. Come insegna il romanzo “Arancia Meccanica”, dello scrittore inglese di religione cattolica Anthony Burgess, le nostre tendenze profonde non possono essere represse, non esiste l’uomo perfetto. La repressione porta il Male a ripresentarsi, in forma centuplicata, con altre modalità: non è un caso che gli Apostoli fossero tutt’altro che perfetti, ma siano stati comunque scelti da un Cristo che era ben lontano dal condannarli per queste loro imperfezioni, che facevano parte del loro essere, in qiualche maniera, unici.
Gli uomini non sono macchine, checché ne dicesse Hobbes, né sono delle formiche come vorrebbero gli autocrati cinesi. Siamo individui con le nostre particolarità, col nostro essere unici e irripetibili, ed è in questo senso che va interptretata la frase della Thatcher messa provocatoriamente a inizio articolo.

Tornando dal piano psichico a quello sociale, se si perde l’idea dell’individuo unico e irripetibile, se lo si vede solo come un ingranaggio di una macchina, lo si vede anche, di conseguenza, come sostituibile. Quindi le vite, dato che sono sostituibili, sono sacrificabili. Quindi un ferro vecchio va buttato via perché “non serve più”. A cosa serve mantenere degli anziani, dato che “non sono più utili alla società”, ovvero non producono PIL? Terminiamoli con una pillolina. “Una notte d’amore di Parigi sostituirà questo macello” pare avesse commentato cinicamente Napoleone dinanzi ad un campo di battaglia: pezzi sostituibili.
Quindi, per concludere, in tutto questo vanno distinti due piani: uno materiale e uno psichico.
Da secoli il potere crea favolette attorno al corpo collettivo per rendere gli individui, delle pedine da usare a proprio piacimento. Per arrivare a questo però va annullato ciò che ci rende unici, va ucciso l’Io, andiamo ridotti a numeri, codici alfanumerici, robot. Per fare questo va usata la repressione della nostra personalità, con la scusa di eliminarne gli aspetti negativi.
E sono secoli, per non dire millenni, che ci caschiamo come polli.

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