Massacro di Bucha: le reazioni

Tra il 3 e il 5 aprile si è succeduta una serie di dichiarazioni e di azioni diplomatiche in seguito al ritrovamento di centinaia di cadaveri di civili nella città di Bucha in Ucraina.
L’Ucraina ascrive la responsabilità del massacro alle forze di occupazione russa. Il 3 aprile il presidente Vladimir Zelensky ha parlato di genocidio nel corso di un’intervista rilasciata alla CBS.
La Russia respinge le accuse sostenendo che si tratti di un false flag orchestrato dal governo di Kiev per i media occidentali. In tal senso il 4 marzo la richiesta russa di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha auspicato l’avvio di un processo per crimini di guerra nei confronti del presidente russo Vladimir Putin e l’introduzione di ulteriori sanzioni contro la Russia.

Oltre alla condanna espressa da numerose fonti diplomatiche e mediatiche, le reazioni in Occidente si sono concretizzate nell’espulsione di decine di diplomatici russi. Le prime nazioni ad attuare tale misura sono state Germania e Francia il 4 aprile.
Il 5 aprile è stato il turno, fra gli altri Paesi, di Danimarca e Italia. Uniforme la motivazione addotta, sostanzialmente riconducibile a motivi di sicurezza nazionale, meglio esplicitati dal ministro degli esteri tedesco Annalena Baerbock che ha identificato le persone colpite dal provvedimento quali presunti membri dei servizi di intelligence russi.
Per quanto riguarda il governo italiano, che “ha deciso di espellere 30 diplomatici russi in servizio presso l’ambasciata in quanto persone non grate”, la dichiarazione ufficiale specifica che “questa misura, assunta insieme ad altri partner europei e atlantici, si è resa necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale e nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione russa”.

Il 5 aprile Zelensky, nel manifestare la piena disponibilità da parte ucraina perché venga svolta un’indagine in merito a quanto successo a Bucha, ha accennato alla possibilità che non avrà luogo “alcun incontro tra il presidente ucraino Vladimyr Zelensky e quello russo Vladimir Putin” e, rivolgendosi ai militari russi, ha affermato “la fine della vostra vita sarà dietro le sbarre” in quanto “oggi le persone non vengono giustiziate”.
Più tardi il presidente ucraino ha ribadito l’importanza di continuare il dialogo con la Russia, sottolineando l’intenzione di non rinunciare ad alcun territorio.


Il 4 aprile il primo ministro russo Mikhail Mishistin ha annunciato la rimozione delle restrizioni, dovute alla pandemia, nei confronti dei voli da e per 52 Stati tra i quali gli altri quattro membri del BRICS e diversi appartenenti all’OPEC. Una misura che, nell’ottica di alcuni osservatori, potrebbe essere volta a manifestare come la Russia, lungi dal ritrovarsi in una posizione di isolamento, possa contare su un’intesa con alcuni attori prominenti dello scacchiere internazionale.
Il 5 aprile, riferendosi a Bucha il portavoce della Duma di Stato Vyacheslav Volodin ha affermato che “L’unico obiettivo è screditare la Russia, giustificare le sanzioni, l’invio di armi e altre azioni ostili, oltre a esacerbare ulteriormente la situazione in Ucraina”. Di fronte al sopraggiunto rifiuto di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha poi commentato la NATO non ha bisogno di un’indagine perché i responsabili sono già stati trovati in base a quelle che ha definito menzogne.

In reazione alle diverse espulsioni di diplomatici, il ministero degli esteri russo ha parlato di una non meglio precisata “risposta adeguata” e di “misure di ritorsione”.

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