Progetto La morte negata

“Proibire a chiunque di vedere i loro cari negli ospedali e nelle Rsa è violenza contro la vita, offende Dio e il prossimo, tradisce lo spirito della Costituzione e porta le persone a perdere la propria umanità”.

“Ma siamo sicuri che quello lì dentro è proprio mio padre?”

Questa la domanda di una figlia che, come tanti, di questi tempi, si è vista riconsegnare il suo genitore in una sacca di plastica sanificata e sigillata.

Motivo di questo trattamento disumano, un tampone positivo.

Persone care accompagnate in ospedale a volte per i primi sintomi influenzali, altre volte per motivi completamente diversi: una gamba fratturata, un intervento programmato agli occhi, un’ustione a una mano.

Questo succede nel nostro civilissimo XXI secolo, in cui la cura dovrebbe essere più che mai incentrata sulla persona, e non sui corpi, dei vivi o dei morti.

La dipartita di una persona cara è un processo doloroso che inizia prima del momento della morte e che continua dopo, in chi è rimasto, un percorso interiore che dura a volte per tutta la vita. Una transizione che ha bisogno di tempo, rispetto, discrezione, ma anche di intimità, di una cornice protettiva che permetta di salutarsi e di trovare un senso profondo a questo evento così definitivo.

.A quanti individui, giunti al termine della loro vita, è concesso di essere circondati dalle persone care mentre si accingono al più misterioso dei cambiamenti? Sembra che l’unica preoccupazione della sanità di oggi sia quella di attuare protocolli che non sono che rituali per esorcizzare la paura della morte, anche a prezzo di negare la vita, l’amore, le emozioni che di questo evento inevitabile fanno parte.

Un approccio sanitario pavido e difensivo ha generato protocolli che standardizzano anche quei momenti, come la nascita e la morte, che per loro natura sfuggono ogni definizione e schema fisso. Protocolli che sono sostanzialmente strumenti di disimpegno morale, di depersonalizzazione delle responsabilità, non solo per quanto riguarda gli aspetti legali, ma anche riguardo alla responsabilità dei sentimenti.

La morte non può essere protocollata. E’ parte di un continuum di emozioni e di connessione essenziale, di interdipendenza, che non può essere spezzato, se non al prezzo di una perdita di significato dell’esistenza stessa. Una perdita di quel ritrovamento e riconoscimento reciproco necessario quando, nella relazione di due individui, si attraversa un importante momento di passaggio. Che sia una nascita oppure una morte.

Alessandro Amori e Playmastermovie intendono realizzare un documentario che faccia luce sulle modalità che hanno visto negata ai parenti delle vittime covid la possibilità di assistere i propri cari, attraverso le testimonianze dei diretti interessati e quelle degli psicologi del Comitato Nazionale Psicologi per l’Etica, la Deontologia e le Scienze Umane, nato a Gennaio 2022 dall’incontro di un gruppo di colleghi di diversa formazione e di diverso orientamento, uniti dalla comune aspirazione di dare voce pubblica ad una Psicologia forte delle radici da cui proviene e aperta agli sviluppi futuri.

Siamo consapevoli di trovarci in un’altra forma di invisibilità, che forse più dei danneggiati da vaccino, alberga nel buio della coscienza collettiva, motivo che risuona fortemente con la missione di Playmastermovie che dal 2017 utilizza il linguaggio nobile del documentario per mettere in luce tutte quelle realtà omesse dalla narrazione mainstream.

Redazione Playmastermovie

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