Vaccini Covid-19: quello che gli studi non ci dicono…

Questo articolo si basa sulla mia traduzione dello studio COVID-19 vaccine efficacy and effectiveness—the elephant (not) in the room, di Piero Olliaro, Els Torreele e Michel Vaillant, pubblicato su Lancet il 20 aprile 2021. Per fare ulteriore chiarezza sugli argomenti trattati, il testo è stato integrato con l’articolo di Brandon Dyson Absolute Risk Reduction: Your Secret Weapon in Literature Evaluation e con lo studio What does 95% COVID-19 vaccine efficacy really mean? di Piero Olliaro, pubblicato su Lancet il 17 febbraio 2021. Ulteriori fonti saranno specificate in seguito.

Sono circa 96 i vaccini contro il Covid-19 che si trovano a vari stadi di sviluppo clinico [1]. Attualmente abbiamo i risultati provvisori di quattro studi pubblicati su riviste scientifiche (riguardanti i vaccini Pfizer–BioNTech BNT162b2 mRNA [2], Moderna–US National Institutes of Health [NIH] mRNA-1273 [3], AstraZeneca–Oxford ChAdOx1 nCov-19 vaccine [4] e Gamaleya GamCovidVac [Sputnik V] [5]) e di tre studi riportati sui documenti informativi della US Food and Drug Administration (riguardanti i vaccini Pfizer–BioNTech [6], Moderna–NIH [7] e Johnson & Johnson [J&J] Ad26.COV2.S [8]). Gli estratti di questi studi sono stati comunicati e discussi ampiamente nelle conferenze stampa e sui media, anche se talvolta in modo ingannevole. I dati riportati sono quelli relativi ai gruppi presi in considerazione negli studi delle case farmaceutiche, considerando la riduzione del numero dei casi sintomatici tra gruppo dei non vaccinati e quello dei vaccinati; tuttavia comprendere appieno la differenza tra l’efficacia negli studi (efficacy) e l’efficacia sulla popolazione reale (effectiveness) non è così semplice come si potrebbe pensare. A seconda del modo in cui i dati sono espressi il quadro che ne emerge è piuttosto diverso. La efficacy di un vaccino è generalmente riportata in termini di Riduzione del Rischio Relativo, (RRR), che si calcola a partire dal Rischio Relativo (RR) – cioè il rapporto tra l’incidenza dei casi con o senza il vaccino. La classificazione secondo la efficacy riporta una Riduzione del Rischio Relativo del 95% per il vaccino Pfizer–BioNTech, del 94% per Moderna–NIH, del 90% per Gamaleya, del 67% per J&J, e del 67% per AstraZeneca–Oxford. Ma la RRR dovrebbe essere considerata alla luce del rischio di base di essere infettati e di sviluppare il Covid-19, che varia nel tempo e a seconda della popolazione. Mentre l’indice di RRR è parametrato solo ai soggetti che potrebbero trarre giovamento dal vaccino, l’indice di Riduzione del Rischio Assoluto (ARR), che è la differenza tra l’incidenza dei casi con o senza il vaccino, tiene conto dell’intera popolazione. Generalmente il dato della ARR viene ignorato, poiché i tassi scendono di molto e danno una visione dell’effetto molto meno “d’effetto”: 1·3% per il vaccino AstraZeneca–Oxford, 1·2% per Moderna–NIH, 1·2% per J&J, 0·93% per Gamaleya, e 0·84% per Pfizer–BioNTech.

Come calcolare gli indici di ARR, RRR e NNT
Dall’articolo Absolute Risk Reduction: Your Secret Weapon in Literature Evaluation di Brandon Dyson

È tempo di fare chiarezza su alcuni termini. Il Rischio Assoluto è il rischio che un determinato evento si manifesti, considerati tutti i fattori di rischio e di confondimento. Ad esempio, la probabilità che nel corso della vita di una persona si manifesti un episodio aterosclerotico, sulle basi dell’incidenza e della frequenza nel suo gruppo demografico.
Il Rischio Relativo è una cosa diversa. Si tratta del rischio che un determinato evento si manifesti in comparazione con qualcos’altro (vedi il significato del termine “relativo”). Ad esempio, il rischio di una Trombosi Venosa Profonda per un fumatore rispetto a quello per un non fumatore.
I concetti di Riduzione del Rischio Relativo (RRR) e di Riduzione del Rischio Assoluto (ARR), invece, implicano un intervento: indicano la riduzione del Rischio Assoluto e del Rischio Relativo attraverso una terapia. La ARR è la riduzione del rischio che un determinato evento si manifesti qualora venga somministrato un trattamento, considerati tutti i fattori che possono determinare tale rischio. Questo dato, solitamente, è molto diverso da quello della RRR.

Per comprendere meglio le formule con cui si ottengono questi due indici, riporterò un esempio, relativo ai calcoli del gruppo Pfizer, nel paragrafo successivo.
Per avere, invece, un’idea a livello pratico di quanto siano diversi i due concetti (e della confusione a cui può portare una mancata informazione in questo senso) mi servirò di due storielle paradossali [N.d.T.].

Lo spaventapasseri per tigri
In una città imprecisata dell’occidente venne messo uno spaventapasseri per scacciare via le tigri. Davanti alla perplessità degli abitanti, le autorità garantirono che, secondo alcuni studi, questa misura preventiva avrebbe funzionato al 100%. In effetti, da che lo spaventapasseri era lì, non era stato riportato alcun caso di aggressione da parte di una tigre, dunque presto tutti si convinsero che la misura fosse efficace… dimenticando che nelle città dell’occidente, di tigri, non ce ne fossero neanche prima!

L’uomo che aveva paura di volare
Un uomo aveva paura di volare (non per il Covid, ma per il rischio di rimanere ucciso in un incidente aereo). Per alleviare la sua paura, decise di non prendere più aerei. Così facendo, ridusse praticamente a zero il Rischio Relativo di morire in quella maniera. Le probabilità che andremo a comparare sono le seguenti:

  • Il rischio di morire in un incidente aereo per uno che vola.
  • Il rischio di morire in un incidente aereo per uno che non vola.

Scegliendo di non volare più, quell’uomo ridusse il Rischio Relativo di morire in un incidente aereo del 99, 999% circa. Si tratta di un numero enorme… Chi non vorrebbe ridurre il proprio rischio di morire in un incidente aereo del 99,999%?
Ma bisognerebbe chiedersi: qual è il rischio di base di morire in un incidente aereo (anche per chi l’aereo lo prende)? Possiamo reperire questo dato: il Rischio Assoluto è dello 0.000009%. Una possibilità su 11 milioni: ridurre quel numero del 99,999% fa un effetto totalmente diverso, giusto? Immaginate la notizia sul giornale: “Trovato il trucco per ridurre il rischio di morte da incidente aereo dello 0.000009%”… Non suona molto bene: decisamente meglio “99,999%”!

La Riduzione del Rischio Relativo non è cattiva, è solo incompresa. RRR e ARR, in fin dei conti, sono solo due indici per misurare l’impatto di un intervento. Sono il modo per determinare l’utilità clinica di un farmaco. Possono entrambi aiutarci a stabilire se un nuovo trattamento sarà di beneficio ai pazienti.
Eppure c’è un motivo per cui scrivo questo articolo. Come ho detto prima, di solito l’Absolute Risk Reduction è da calcolare, perché non viene riportato negli studi. La Riduzione del Rischio Relativo, invece, è di maggiore impatto, nonostante non sempre indichi un beneficio clinico significativo. Nel mondo della medicina, “d’impatto” è sinonimo di “drammaticamente costoso”. La Riduzione del Rischio Assoluto, d’altro canto, viene impiegata per fare un’analisi costi-benefici.

Come calcolare gli indici di ARR e RRR – Dati in tabella trasmessi da Pfizer alla FDA [9]

* O non testati: lo studio, per design, ha considerato solo la distribuzione dei primi 170 positivi. È dunque possibile che il numero dei positivi fosse più alto [10].

La formula per calcolare l’indice di ARR è: Control Event Rate (CER), in questo caso il numero di positivi al Covid nel gruppo trattato col Placebo meno Experimental Event Rate (EER), in questo caso il numero di positivi al Covid nel gruppo trattato col vaccino.

CER – EER = ARR
0.7456 – 0.03683 = 0,70877 (circa 0,7%)

La formula per calcolare l’indice di RRR è: Control Event Rate meno Experimental Event Rate, diviso Control Event Rate.

(CER – EER) / CER = RRR
0.7456 – 0.03683 / 0.7456 = 0,9506 (circa 95%)

La discussione sulla Riduzione del Rischio Assoluto non sarebbe completa senza menzionare l’efficacia sulla popolazione reale (effectiveness): il Number Needed to Treat, ossia il numero di pazienti da trattare per ottenere un beneficio terapeutico. In questo caso specifico: il numero di soggetti da vaccinare per prevenire un caso di Covid (è possibile trovare anche l’abbreviazione NNV – Number Needed to Vaccinate). Il NNT è un altro modo di esprimere l’indice di ARR ed è, matematicamente parlando, il suo inverso moltiplicato per cento: ciò significa che il numero è più grande con più il ARR è piccolo

1 / ARR = NNT

Utilizzando l’esempio dello studio Pfizer:

1 / 0,70877 = 1,410 (NNT = 142)
NB: Approssimiamo il decimale all’eccesso perché, trattandosi di persone, questo dato deve essere una cifra tonda.

Tornando allo studio su Lancet, ecco i dati del NNT relativi ai vaccini presi in esame: 76 per il vaccino Moderna–NIH, 78 per AstraZeneca–Oxford, 80 per Gamaleya, 84 per J&J, e 117 per Pfizer–BioNTech. La differenza tra i dati di RRR e ARR dipende dalla combinazione tra la efficacy e il rischio di base di contrarre il Covid-19: 0·9% nello studio di Pfizer–BioNTech, 1% in quello di Gamaleya, 1·4% in quello di Moderna–NIH, 1·8% in quello di J&J, e 1·9% in quello di AstraZeneca–Oxford. ARR (e NNV) cambiano a seconda del rischio di base: più alto è il rischio, più alta è la effectiveness.
Ricordiamo che eventuali piccole incongruenze nelle percentuali o nei decimali sono dovute all’intervallo di confidenza.

Si possono capire molte cose dal modo in cui vengono condotti gli studi e presentati i risultati. Se viene riportato solamente l’indice di RRR, omettendo quello di ARR, si introduce un elemento di non obiettività, che condiziona il giudizio su quanto un vaccino sia davvero efficace. Nella comunicazione degli studi sui vaccini, specialmente per decisioni in materia di salute pubblica (come la scelta di quali vaccini comprare e distribuire) fornire un quadro dei dati completo di contesto è fondamentale. Tali decisioni devono essere supportate da una comprensione dettagliata dei risultati degli studi, che deve includere l’accesso completo ai dati e il vaglio da parte di una fonte indipendente.
La comparazione dei vaccini sulla base dei dati – provvisori – delle sperimentazioni attualmente disponibili è resa ancora più difficile dalla scarsa omogeneità dei protocolli, il che comprende: la mancanza di accordo su punti fondamentali (come la definizione di “caso Covid”), i tipi di Placebo, la categoria di popolazione presa in esame (sia durante uno stesso studio, sia tra uno studio e l’altro), il rischio di base di contrarre Il virus durante gli studi, la durata dell’esposizione e gli obiettivi e i metodi statistici. Cosa più importante, rimane senza risposta la domanda circa l’efficacia di un vaccino su popolazioni che hanno un diverso rischio di base di contrarre il Covid-19. Non è una questione di scarso rilievo, poiché l’intensità della trasmissione cambia da Paese a Paese, ed è influenzata da fattori quali gli interventi di sanità pubblica e le varianti.
L’unica indicazione che abbiamo circa l’efficacia di un vaccino sulla popolazione reale è il caso della campagna di vaccinazione di massa in Israele, con il vaccino Pfizer–BioNTech. Nonostante lo studio e la metodologia cambino radicalmente rispetto alla fase di sperimentazione randomizzata [11], Dagan e colleghi riportano un indice di RRR del 94%, che è essenzialmente lo stesso di quello delle sperimentazioni nella fase 3 (95%), ma con un indice di ARR dello 0,46%, che si traduce in un NNT di 217 (mentre nella fase 3 erano rispettivamente: 0,84% e 119) [12]. Ciò significa che, sulla popolazione reale, il numero di soggetti da vaccinare si è dimostrato 1,8 volte maggiore rispetto a quanto previsto nei test clinici.

Il significato delle percentuali di efficacia di un vaccino sulla popolazione reale
da: What does 95% COVID-19 vaccine efficacy really mean? di Piero Olliaro

È d’obbligo dissipare ogni ambiguità su come l’efficacia dei vaccini verificata in laboratorio si traduce nella vita reale. I vaccini mRNA-based Pfizer [13] e Moderna [14] hanno dimostrato di avere il 94-95% di efficacy nel prevenire un’infezione sintomatica da Covid-19. Ciò significa che in un campione di popolazione come quella iscritta alla sperimentazione, con un tasso cumulativo di contagio su un periodo di 3 mesi di circa al 1% senza il vaccino, ci aspetteremmo che circa lo 0,05% di persone vaccinate contragga il virus. Ma non significa che il 95% della popolazione è protetta dalla malattia con il vaccino: questo fraintendimento è purtroppo diffuso, ed è stato trovato anche nell’Editoriale Lancet Infectious Diseases [15]. Secondo gli esempi usati nell’Editoriale, infatti, vengono definite “persone protette” coloro che, se non vaccinate, potrebbero contrarre l’infezione da Covid-19.
Fare chiarezza sull’efficacia dei vaccini, quindi, è di fondamentale importanza poiché, nonostante noi conosciamo la Riduzione del Rischio Relativo, che si riferisce alle condizioni nella fase di sperimentazione, non sappiamo se e come queste potrebbero variare su popolazioni con rischi di esposizione al virus differenti e diversi livelli di trasmissione e tassi di attacco. La matematica di base in questo caso ci è di aiuto. Se un indice di RRR del 95% significasse che, su una popolazione di 100.000 abitanti tutti vaccinati, il 95% è protetto, allora avremmo 5000 individui ammalati in un periodo di 3 mesi, il che è pressappoco l’attuale tasso di casi Covid-19 nel Regno Unito. [A febbraio 2021, quando è stato pubblicato questo studio, la percentuale degli individui vaccinati in UK era solo il 22,5%, N.d.T.]. Piuttosto, una efficacy del 95% significa che, al posto dei 1000 casi di Covid-19 su 100.000, che dovremmo aspettarci in una popolazione non vaccinata*, col vaccino, ne avremmo 50.

*Questo dato (rischio di base) è ottenuto osservando il gruppo di sperimentazione trattato con il placebo, di cui si è ammalato, nei tre mesi dello studio, circa l’1% dei soggetti.

In conclusione
La mancanza di coordinazione nelle sperimentazioni della fase 3 non soddisfa i requisiti sanitari: sarebbe auspicabile utilizzare una piattaforma sperimentale con un protocollo comune, per rispondere alle esigenze fondamentali della salute pubblica, al fine di prendere decisioni basate su criteri e su valutazioni uniformi.
Le considerazioni sopra esposte si fondano su studi riguardanti la prevenzione di forme di infezione Covid-19 da lieve a moderata. Non sono finalizzati a trarre conclusioni sulla prevenzione di ricoveri ospedalieri, di forme gravi di infezione, di fatalità o sulla potenziale riduzione della trasmissibilità del virus. Stabilire l’adeguatezza di un vaccino dovrebbe invece considerare tutti gli indicatori (RRR, ARR, NNT) e includere aspetti quali la sicurezza, la dispiegabilità, la disponibilità e i costi.
Una volta ottenute tutte queste informazioni – scrive Brandon Dyson nell’articolo Absolute Risk Reduction: Your Secret Weapon in Literature Evaluation – il medico dovrebbe riferirle al paziente, al fine di creare un approccio collaborativo che sia nel suo migliore interesse.

NOTE

Articolo realizzato con il contributo di Rossana Motta, ingegnere biomedico
[1] Fonte
[2] Polack FP, Thomas SJ, Kitchin N et al., Safety and efficacy of the BNT162b2 mRNA COVID-19 Vaccine. N Engl J Med. 2020; 383: 2603-2615
[3] Baden LR, El Sahly HM, Essink B et al., Efficacy and safety of the mRNA-1273 SARS-CoV-2 Vaccine. N Engl J Med. 2021; 384: 403-416
[4] Voysey M, Clemens SAC, Madhi SA et al., Safety and efficacy of the ChAdOx1 nCoV-19 vaccine (AZD1222) against SARS-CoV-2: an interim analysis of four randomised controlled trials in Brazil, South Africa, and the UK. Lancet. 2021; 397: 99-111
[5] Logunov DY, Dolzhikova IV, Shcheblyakov DV et al., Safety and efficacy of an rAd26 and rAd5 vector-based heterologous prime-boost COVID-19 vaccine: an interim analysis of a randomised controlled phase 3 trial in Russia. Lancet. 2021; 397: 671-681
[6] Fonte
[7] Fonte
[8] Fonte
[9] Fonte
[10] Fonte
[11] Polack FP, Thomas SJ, Kitchin N et al., Safety and efficacy of the BNT162b2 mRNA COVID-19 Vaccine. N Engl J Med. 2020; 383: 2603-2615
[12] Fonte
[13] Fonte
[14] Fonte
[15] The Lancet Infectious Diseases. An exceptional vaccination policy in exceptional circumstances. Lancet Infect Dis. 2021; 21: 149

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